Tommasina Nisco – In quel periodo imparai ad apprezzare il loro lavoro

Tommasina Nisco Apice

Il 19 settembre del 2008 presso l’ospedale “Rummo” di Benevento venne diagnosticato a mia madre un “Mieloma multiplo”. 

Ricordo ancora, come se fosse ieri, il momento in cui diedero a me e mio padre questa terribile notizia. Attimi di paura e smarrimento ci assalirono. Rimasi immobile, non sapevo cosa fare, mi cadde il mondo addosso. Di fronte avevamo il dott. Roberto Vallone il cui volto trapelava incredulità. Neanche lui poteva immaginare che una “Gammopatia monoclonale IGCK”, diagnosticata qualche mese prima, potesse sfociare in un “Mieloma multiplo”. Ebbene a mamma era capitato! Il calvario era cominciato. 

Seguirono tre lunghi anni di cure estenuanti, tra alti e bassi. Quando tutto sembrava indirizzarsi verso un oscuro tunnel, arrivò una buona novella: la malattia era in remissione. 

Ma, come spesso si dice, “le cose belle finiscono presto”. Dopo solo un anno di serenità, il “maledetto”, non solo era tornato, ma era anche più aggressivo e invasivo di prima. 

Mamma era sempre più debole. Divenne quasi proibitivo anche un semplice trasporto in ospedale per un controllo di routine. Momenti di sconforto, tristezza e preoccupazione ritornarono in me e negli altri componenti della mia famiglia. Non sapevamo cosa fare, come continuare. Paradossalmente ad alleviare le nostre pene ci pensava mamma: nonostante il suo male, era sempre lì a darci conforto e supporto. 

Per fortuna, un ulteriore sollievo arrivò dal dott. Costanzo Feo il quale ci comunicò che stava per essere attivato il servizio di assistenza a domicilio da parte dell’AIL. Finalmente, un piccolo e flebile raggio di sole. Bisognava, però, organizzarsi. In realtà, non fu necessario. Gli “Angeli dell’AIL”, che periodicamente si recavano a casa, pensavano a tutto. Ogni intervento sanitario era svolto a domicilio: consulenze, prelievi, trasfusioni, ecc. Persone umane, professionali e disponibili. Io e la mia famiglia instaurammo un rapporto molto forte con medici ed infermieri diventando una squadra che lottava per lo stesso fine. 

In quel periodo imparai ad apprezzare il loro lavoro. In me cresceva, di giorno in giorno, la stima nei loro confronti al punto che, quando il dott. Vallone mi chiese di entrare a far parte della compagine dell’AIL, non seppi dire di no. 

Per una mia precedente esperienza personale ero consapevole che essere una volontaria richiedeva grandissimo impegno e tanta serietà: ciò non mi fermò. Cominciò così la mia avventura con l’AIL nel dicembre del 2013. Armata di buona volontà, sin da quel momento, iniziai a prodigarmi per aiutare i bisognosi, compresa mia madre. Purtroppo, però, a marzo del 2015 mamma ci lasciò. 

Cosa fare? Continuare a far parte del team dell’AIL? Tanto sconforto e confusione regnavano in me! 

Fortunatamente, il sostegno di mia figlia Giorgia, che a soli 8 anni seppe darmi, fu determinante. Benché ancora bambina, ma memore del supporto che era stato offerto alla nonna dagli “Angeli dell’AIL”, mi disse: “Mamma non lasciare, ti aiuto io”. Dopo queste parole non ebbi esitazioni. La mia esperienza con l’AIL, con a fianco mia figlia, non poteva che proseguire. 

Insieme ci prodighiamo nelle varie vendite di beneficienza promosse dall’AIL periodicamente. Mia figlia venderebbe uova di Pasqua o stelle di Natale a chiunque. Con la sua opera di persuasione riesce a coinvolgere persino compagni di scuola e insegnanti. Il massimo impegno lo profonde, però, le domeniche antecedenti la Pasqua e il Natale. Nella piazza del nostro paese, Apice (BN), mentre io cerco di vendere uova e stelle dietro un piccolo tavolo allestito per l’occasione, Giorgia scorrazza, da sola o con qualche amica, tra bancarelle, negozi e persone per reperire qualche nuovo “acquirente”. Devo ammetterlo: “E’ più brava di me!”. 

Vedendo il suo impegno ho maturato la convinzione che, indipendentemente dall’età, tutti dovrebbero essere più disponibili verso il prossimo, eventualmente avvicinandosi anche al mondo del volontariato. 

Personalmente, durante questa mia esperienza pluriennale con l’AIL, devo ammettere che una delle soddisfazioni più grandi è il riscontro e il supporto che ricevo dalla “gente comune” e soprattutto da parte di amici, parenti e compaesani. Mi identificano ormai come la “volontaria dell’AIL”. L’altruismo e la sensibilità che li contraddistingue e che mi dimostrano sono fondamentali per il buon esito del mio operato: GRAZIE DI CUORE! Se oggi sono ancora convinta di voler essere una volontaria, lo devo anche a VOI. Tutti devono convincersi che protendere una mano verso gli altri anche se può sembrare poco, in realtà, in quell’istante, si sta facendo la “differenza”. Il volontariato è un’esperienza che ognuno dovrebbe fare “almeno una volta nella vita”: si cresce, si migliora, si impara, ci si arricchisce.

In questi anni, ad Apice, abbiamo raccolto fondi per un totale di € 22.711,00 tra stelle di Natale, uova di Pasqua, Panesillo e braccialetti Cruciani.                                                                   

Tommasina Nisco

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